L’Italia digitale e mio cuggino

Cosa hanno in comune i click day, i disastri informatici dell'INPS, Immuni o le interfacce per registrarsi per sperare in un vaccino anticovid?

Cosa hanno in comune i click day, i disastri informatici dell’INPS, Immuni o le interfacce per registrarsi per sperare in un vaccino anticovid?

Questi sono tutti aspetti dell’approccio italico alla digitalizzazione, un approccio che si basa su 3 pilastri granitici:

  1. evitare nella maniera più assoluta di contestualizzare l’idea digitale
  2. il digitale è la replica pedissequa di processi mal disegnati analogicamente
  3. nessuna progettazione tiene in conto la possibilità di errore ed i relitivi processi correttivi

In altre parole la digitalizzazione è demandata ad ambiti che di digitalizzazione nulla comprendono, da cui i disastri annunziati di cui nessuno, per altro, sembra stupirsi.

Il problema risiede in una totale apparente mancanza di comprensione di cosa voglia dire la digitalizzazione che spazia dal disegno dei processi, all’analisi dei presupposti per sfociare infino alla relativa implementazione. Quello che in Italia viene spesso “spacciato” per digitalizzazione è quindi in realtà una accozzaglia di interfacce digitali per accedere a servizi disegnati non per la digitalizzazione.

Insomma dire che uso la email, non significa che io abbia adottato una strategia comunicativa digitale, cosi come essere su facebook non significa essere competenti digitalmente e se questi sono i prerequisiti di chi idea e disegna questi processi siamo alla frutta.

Questo articolo nasce da un mio post su linkedin che riporto:

Poi magari ci scrivo un articolo sul mio blog (che diserto da troppo) ma posso dire che vedere dei geni che pensano di offrire l’iscrizione alla vaccinazione per gli ultraottantenni via web dimostra quanto niente si sia capito cosa volglia dire la digitalizzazione in Italia?
Capiamoci, chiaro possono intervenire intermediari (figli, farmacie, medici di base ma mica tutti e non ovunque) ma il problema nasce nel disegno stesso del progetto.
1) vogliamo iniziare a tenere conto nella digitalizzazione degli utenti che devono fruire un servizio?
2) vogliamo considerare gli utenti per le loro effettive caratteristiche sociali e anagrafiche?
3) vogliamo tener conto delle cosidette condizioni al contorno ( cosi per citarne due: livello di competenze digitali, digital divide)
4) introduciamo quindi nel disegno del processo il privacy e security by design e by default?
5) introduciamo controlli e metriche per verificare il servizio
6) monitoriamo gli output e mettiamo in piedi un servizio che consenta change correttive se serve?
7) vogliamo capire che la digitalizzazione va ben al di la dello scrivere bene o male il codice?

o continuiamo a disegnare processi alla ca..volo, e chiamiamo digitalizzazione l’accesso digitale a servizi che non sono pensati per il digitale?

https://www.linkedin.com/posts/antonioierano_poi-magari-ci-scrivo-un-articolo-sul-mio-activity-6767797642383777792-6p2q

cercherò quindi di sviluppare questi punti per esempi e esperienza.

Processi digitali e processi analogici

Il primo punto che mi piace chiarire che “processi digitali” ed “processi analogici” non sono la stessa cosa, e inserire in un processo una qualsiasi interfaccia digitale non significa che si sia fatta digitalizzazione.

Se cosi non fosse allora qualsiasi componente digitale sarebbe digitalizzazione, in questo caso visto che circa l’80% di quello che si scrive si fa via interfacce digitali (computer, laptop) allora si avrebbe la idea che tutto sia già digitalizzato. In realtà le cose non stanno proprio così.

Quello che si intende per digitalizzazione è la trasformazione dei processi analogici con equivalenti digitali con lo scopo di:

  1. rendere le cose più efficienti tramite integrazione ed eliminazione di ridondanze
  2. poter offrire più servizi al cittadino
  3. semplificare l’accesso alle risorse da parte del cittadino

questo richiede la presa in carico di un intero processo analogico e trasformarlo in maniera conforme agli strumenti digitali disponibili tenendo presente:

  1. quale sia lo scopo del processo
  2. che risorse siano necessarie
  3. quali siano gli equivalenti digitali da implementare
  4. chi sono gli utenti cui si fa riferimento.

sembra facile ma i risultati italici sono sempre improntati al disegni di mio cuggino. L’equivalente digitale, ad esempio, spesso richiede che sia messo in piedi un processo di dematerializzazione del supporto cartaceo.

Basta avere esperienza di PA per sapere che la carta non solo rimane ma si moltiplica, si pensi alla autocertificazione per il covid che NON era ammessa in forma digitale, insomma dovevi avere la carta (sigh) ma il modulo lo scaricavi in PDF (tradotto computer, stampante) stampavi su carta e presentavi a richiesta (ok se non potevi la cosa poteva essere compilata dal rappresentante delle forze dell’ordine, insomma duplichiamo…)

Mio Cuggino e le ricette digitali in provincia di Pavia

Siccome mi piace fare esempi concreti, in tempo di lock down il medico offriva le ricette in formato digitale. vediamo il processo

  • noi lo richiedevamo via WhatsApp
  • il medico generava la ricetta sui suoi sistemi
  • ci inviava via WhatsApp un immagine che conteneva codice
  • con questo codice andavi in farmacia
  • davi quel codice e nome dell’assistito
  • il farmacista lo immetteva a sistema
  • stampava a ricetta
  • ricaricava la ricerca in un altro sistema con un lettore a codice a barre
  • caricava anche i codici a barre dei medicinali
  • ti chiedeva se volevi mettere la tessera sanitaria
  • stampava lo scontrino

poi alla fine i farmacisti credo debbano stampare le resultanze di queste ricette per la regione, ma non metterei la mano sul fuoco.

Cosa c’è di sbagliato in questo processo? è vera digitalizzazione?

Esistono una serie di problemi evidenti persino senza scomodare security, privacy ed uso di un sistema di messaggistica …

Perchè se ho un codice digitale per un documento lo devo stampare e ricaricare? davvero non è possibile disegnare i sistemi ab initio per essere integrati senza il passaggio cartaceo?

I talloncini adesivi con il codice a barre vengono messi sulla ricetta cartacea, la lettura del codice ne crea un equivalente digitale a sistema (ricetta e talloncini), ma sono univoci, che bisogno c’è di questa duplicazione?

Insomma tutto il processo è stato disegnato non per tener in conto gli scopi primari della digitalizzazione (efficientamento, semplificazione, miglior servizio all’utenza), ma apparentemente per aumentare i livelli di complessità operativa, cosa che la digitalizzazione dovrebbe indirizzare e risolvere.

Si può osservare che la parte cartacea serva per offrire una maggiore sicurezza ai controlli, ma se cosi fosse mi verrebbe da chiedermi ma allora avete idea che sicurezza, tracciabilità sono parimenti ottenibili digitalmente?

Insomma un processo cosi complesso lo avrebbe sicuramente disegnato bene anche mi cuggino, probabilmente alla metà del prezzo del cuggino che lo ha ideato.

Questo esempio dimostra come pensare un processo digitale non sia a semplice e pedissequa replica di cosa si farebbe analogicamente.

Ma visto che stiamo parlando di digitalizzazione prendiamo un’altro aspetto preso ancora dalla esperienza personale:

Mio cuggino e la adesione al processo vaccinale della regione Lombardia

La Lombardia è considerata una eccellenza italiana nei confronti della digitalizzazione.

secondo il rapporto DESI

https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/desi-regionale-2020-resta-forte-il-gap-digitale-nord-sud-e-col-resto-deuropa/

la Lombardia spicca in italia sia per implementazione della digitalizzazinoe che per competenze digitali.

Quindi trovo strano, a fornte di tale e specchiata eccellenza, che capiti quanto segue:

Mia madre è ultraottantenne e vorrebbe fare il vaccino anticovid. Ora noi non viviamo nello stesso paese, quindi non c’è un contatto diretto. Mia Madre è una classica ultraottantenne, con nessuna competenza digitale (neanche gli SMS per intenderci) con problemi di vista e di udito.

Nella sua ingenuità senile, legata probabilmente ai ricordi della sua giovinezza quando in un mondo analogico il dottore “della mutua” visitava i pazienti anziani a casa, ha pensato di chiedere al medico via telefonica cosa doveva fare per il vaccino.

La risposta è stata che i medici di base non possono seguire queste cose in quanto sono troppo complicate (? – forse faceva riferimento ai carichi di lavoro) e che aveva 2 alternative o chiedere se la farmacia offriva questo servizio o lo poteva fare facilmente via web.

Ora chiedere a mia madre di usare “l’internet” è come dirle di discutere di una equazione differenziale alle derivate parziali mentre cammina su di un filo di lana teso tra due grattacieli durante una d’uragano mentre è in corso un terremoto con relativo tsunami.

Ha quindi telefonato in farmacia, che ha risposto che lo avrebbero fatto volentieri ma siccome i sistemi erano sovraccarichi avrebbe dovuto richiamare.

Visto che per amor filiale ogni tanto la chiamo, avevo gia preventivato che avrei dovuto supportarla, e avevo già cercato il famigerato link del servizio della ragione lombardia.

il sito al momento della scrittura del post

Ho quindi effettuato per suo conto la registrazione (sono stato anche fortunato nelle tempistiche).

Cosa c’è di sbagliato in questo processo?

Uno dei punti fondamentali del disegno di un processo è capire come gli utenti coinvolti vi possono interagire.

Ora non considerare le competenze digitali della fascia di popolazione che si vuole indirizzare è, per essere gentili, una cugginata. Pensare che la maggior parte degli ultraottantenni abbia la capacità di trovare il sito (vi raccomando il portale della regione lombardia) è semplicemente stupido. E questo indipendentemente dalla semplicità con cui è stata scritta l’interfaccia (su cui potrei esprimere commenti).

Ora se l’idea era sin dall’inizio quella di usare un intermediario (familiare e\o farmacia) bastava dirlo, ma vorrei capire se non ci fossero stati i familiari a supporto quanto facile sarebbe stato questo processo. E capiamoci, facendo riferimento anche al rapporto DESI citato prima, non è detto che gli elementi familiari siano in grado di dare supporto…usare tiktok o facebook (ancora una volta) NON significa avere competenze digitali che ti consentano di trovare quella pagina.

Insomma persino nella eccellenza lombarda la digitalizzazione è in mano ai cuggini.

E potrei, se fossi bastardo, menzionare che se fai un errore di immissione non hai una interfaccia di correzione. Una volta che hai dato l’ok quello che è fatto è fatto, ma siccome sono buono mi trattengo.

Mio cuggino ed il Click Day

Lo abbiamo sperimentato in molti, la eccitante sensazione del click day…ci vai e tutto va a rotoli, interfacce bloccate, servizi malfunzionanti, security e privacy assolutamente inesistente, tempi biblici….

Il 2020 ci h dato notevoli soddisfazioni, il click day è la dimostrazione che la digitalizzazione è in mano ai cuggini dei cuggini per diversi motivi. Al di la del fallimento consistente dei queste iniziative dal punto di vista tecnico che tutti abbiamo in qualche modo sperimentato, vorrei fare alcune osservazioni su come questi sistemi siano pensati e perchè sono assolutamente ingiusti.

La idea sottesa a questi click day è dare una finestra temporale dove chi è avente diritto (o presumibilmente ha diritto) può fare richiesta. L’idea è ovviamente di gestire gli accessi in linea FIFO (First In First Out), una solta di filtro meritocratico dove il merito è la velocità.

Ora la idea stessa del click day è discutibile proprio per gli assunti precedenti: io faccio una selezione arbitraria legata alle competenze digitali.

Se l’oggetto fosse inerente la digitalizzazione potrei persino capirlo, ma sul bonus monopattini? perchè arbitrariamente danneggiare chi non ha competenze digitali?

OK OK magari è voluto per invogliare la acquisizione di tali competenze nella popolazione dei monopattinatisti, metodo discutibile, pedagogicamente inutile ed ottuso, ma “comprensibile”.

Ora anche supponendo che sia eticamente corretto il filtro di cui sopra, e che tutto sia stato disegnato correttamente e funzioni le liste fifo determinerebbero l’ordinamento delle richieste, peccato che su internet non sia possibile garantire l’ordine di arrivo temporale basandosi sul ordine temporale di partenza.

Mi spiego perchè ho visto l’occhio pallato … se due tizi si mettono davanti al computer e si connettono ad un portale per immettere le informazioni non è detto che chi ha cercato di connettersi prima sia quello che si connette prima, e non è detto che il processo di elaborazione della immissione sia paritetico.

Diversità di banda, di capacità elaborativa dei terminali di accesso, congestione della rete possono alterare questa gara, perchè di gara si tratta.

Ora se possiamo considerare in carico dell’utente la sua capacità elaborativa (questionabile per diversi motivi) sicuramente è al di fuori del controllo dell’utente la prestazione della connettività. Per esemplificare è come se si chiedesse di arrivare primi in una gara in cui alcuni sono vicini con autostrade intonse e guidando una Ferrari, mentre altri hanno stradine di campagna e distanze elevate (e poi usala la Ferrari).

Se aggiungiamo alla equazione il fatto che le risorse cui accedo sono una discriminante arbitraria delle prestazioni la frittata è fatta, alla faccia delle pari opportunità

Il concetto stesso di FIFO richiede quindi ripensamenti, ad esempio la lista potrebbe essere densa ma non ordinata (permettendo piazzamenti in parimerito in funzione di una finestra temporale che tenga conto delle possibili ragioni di latenza lasciando vuote le posizioni successive relative).

Insomma una apparente buona idea cugginesca (il click day) si dimostra già come idea fallace ad una minima analisi, se poi aggiungiamo i difetti di implementazione, prestazione security e privacy … abbiamo a digitalizzazione all’italiana.

Concludendo?

Ho voluto esprimere le mie perplessità sull’approccio alla digitalizzazione perchè in molti casi il problema non è di security, sizing o coding, ma proprio di approccio al processo.

E se non si è in grado di disegnare un processo digitale correttamente , le atre cose sono difficilmente considerate nella maniera corretta. Come a dire che mio cuggino se disegna male dall’inizio è inpensabile che faccia bene ilresto.

Va da se che anche un coding eccezionale fallisce se il contorno è mal disegnato.

E non ho voluto parlare della digitalizzazione della giustizia, dei servizi PA per evitare le parolacce …

Quando si parla di digitalizzazione occorrerebbe innanzi tutto capire cosa voglia dire, purtroppo troppo spesso ci si sofferma sul dettaglio e non sulla “big picture”, col risultato che anche il “probelm setting” per indirizzare la causa del problema risulta inefficace.

Oggi si parla tanto di digitalizzazione, la speranza è che si faccia vera digitalizzazione e non offrire interfacce digitali per servizi pensati in analogico, altrimenti sarà come la pec oramai quasi obbligatoria in tanti servizi PA ma anche interfaccia obbligatoria per le aziende che però non ha obbligo di monitoraggio e quindi risulta spesso piena o non letta (e non ditemi che non vi è capitato) ….

meditate gente meditate

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