L’Era dei Decreti sulla Sabbia: Dalla Constitutio Antoniniana al Naufragio della Civiltà Giuridica

Scusate lo sfogo personale, ma questi giorni sembra che me le tirino fuori.

Prima di avventurarti nella lettura di questo articolo, ti consiglio una riflessione: le considerazioni (principalmente di ordine giuridico) che seguono potrebbero urtare la sensibilità politica di alcuni lettori. Tuttavia, esse riflettono il mio profondo impegno per lo stato di diritto e la mia preoccupazione per la deriva etica e normativa che stiamo vivendo negli ultimi tempi. Mi piacerebbe vedere un dibattito aperto, basato sul merito delle questioni, anziché sulla propaganda che, purtroppo, domina i momenti di forte tensione. Leggere con cautela, ma con spirito critico.

PS: Le mie considerazioni giuridiche nascono dal mio essere un liberale democratico e garantista, profondamente legato allo stato di diritto. Credo che ogni azione normativa debba essere fondata sul rispetto dei principi fondamentali di giustizia, legalità e tutela delle libertà individuali. In un’epoca di derive populiste, è essenziale difendere l’imparzialità della legge contro tentazioni di uso strumentale del potere legislativo. La trasparenza e la proporzionalità devono guidare ogni intervento giuridico, affinché nessun diritto sia sacrificato sull’altare della propaganda politica.

Ah, l’Italia, un tempo culla del diritto, oggi ridotta a una necropoli dell’intelletto giuridico, dove ogni principio che un tempo reggeva la nostra civiltà sembra essere stato scambiato con un dilettantismo legislativo mascherato da innovazione. Che spettacolo sublime e desolante ci offre questo baluardo di civiltà, che ora si esibisce in un teatro dell’assurdo, degno di un Pirandello senza la sua profondità filosofica. Ci troviamo in un’epoca in cui ignoranza giuridica e arroganza normativa convivono armoniosamente, avvolgendo la res publica come un’edera velenosa che strangola ogni residuo di razionalità normativa. Questa spirale discendente sembra non trovare ostacoli, mentre scivoliamo dalla farsa del PiracyShield alla tragicommedia del trasferimento dei migranti in Albania, passando per la grottesca dichiarazione della Gestazione per Altri (GPA) come reato universale.

Partiamo dal PiracyShield, questo prodigio della tecnica normativa che, di digitale, ha solo il nome. Nato sotto l’illustre egida dell’AGCOM, che ho preferito ribattezzare in AGICOMICA, questo magnifico baluardo contro la pirateria digitale sembra eccellere solo nella sua capacità di bloccare IP e DNS con la stessa precisione con cui un orbo tenta di infilzare un bersaglio. Non importa se nel processo vengono calpestati i diritti fondamentali, come la libertà di espressione o la tutela della privacy. Non importa se i pilastri della Costituzione Italiana e della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea vengono ridotti a poco più di ornamenti simbolici, dimenticati in qualche scaffale polveroso del Palazzo di Giustizia. Ciò che conta è che la “presunzione di flagranza di supposto reato prevalente” regni incontrastata. Sì, avete letto bene: non più onere della prova, non più presunzione d’innocenza, e men che meno il diritto al contraddittorio. Oggi basta un sospetto, una parvenza di reato supposto, per bloccare interi siti, senza preoccuparsi minimamente di proporzionalità o giusto processo. Un segno inequivocabile che l’insipienza giuridica ha preso il posto del buon senso.

E in questo panorama desolante, possiamo soltanto chiedere dove sia finita la nostra amata filosofia del diritto. In Italia, oggi, essa sembra essere diventata un lusso per pochi intellettuali, relegata a sporadiche apparizioni nei manuali universitari, mentre nel mondo reale la si è abbandonata per navigare a vista, senza alcuna bussola etica o giuridica. Hans Kelsen, che tanto si prodigò per spiegare la gerarchia delle fonti, si sta senza dubbio rigirando nella tomba con la velocità di una turbina, vedendo che regolamenti amministrativi calpestano impunemente principi costituzionali. E perché mai dovremmo preoccuparci di armonizzare le nostre leggi con le direttive della Corte di Giustizia Europea o della Corte Costituzionale? No, meglio ignorarle, meglio far finta che non esistano, in modo da creare un’illusione di sovranità che però, giuridicamente, è soltanto un miraggio.

Ma se la gestione del PiracyShield ci fa ridere amaramente, la questione della Gestazione per Altri (GPA) ci trascina oltre il limite della tollerabilità giuridica. Ecco un concetto che di “universale” ha solo l’arroganza e la superficialità, perché se c’è qualcosa che i nostri legislatori moderni sembrano odiare è la precisione concettuale. Come se un reato universale potesse essere proclamato da un singolo Stato, senza alcuna riflessione su ciò che implica a livello internazionale. In questo scenario entra in gioco Eugenia Roccella, il ministro che ha suggerito che i medici dovrebbero denunciare i sospetti casi di GPA. Non solo si vuole trasformare la GPA in un reato universale (e chi se ne importa della prassi internazionale), ma si intende anche armare il personale medico per farlo diventare un moderno inquisitore, un vero e proprio delatore etico. È chiaro che siamo ben oltre il principio di non-refoulement e del non bis in idem: siamo in una terra incognita, dove l’aberrazione normativa è divenuta la norma.

E se pensate che qui si concluda la nostra tragicommedia, preparatevi al terzo atto: la farsa del trasferimento dei migranti in Albania. Il tentativo del governo italiano di delegare la gestione dei migranti a paesi terzi, tra cui l’Albania, ha subito un brusco arresto quando un tribunale romano ha annullato il trasferimento. La motivazione? Il tutto non era conforme ai principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. E pensare che l’Italia, culla della civiltà giuridica, dovrebbe essere tra i primi a rispettare le norme comunitarie. Il piano prevedeva l’invio di 16 migranti in Albania, ma nessuno di loro è stato trattenuto nel paese. Anzi, tutti sono stati fatti rientrare in Italia, non essendo idonei a tale trasferimento o per motivi di età, o per motivi di “fragilità” o perché gli stati in cui dovrebbero essere rimpatriati non sono considerabili sicuri.​

E ora il vero spettacolo inizia con le dichiarazioni dei nostri rappresentanti. Carlo Nordio, ministro della Giustizia, ha definito la sentenza “abnorme”, come se fosse inusuale che la magistratura applichi le leggi europee, e ha promesso che il governo interverrà con provvedimenti legislativi per superare queste “esondazioni”. Il suo collega, Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno, ha affermato con convinzione che il trasferimento in Albania risolverà ogni problema, dimenticando con eleganza le reali cause delle migrazioni, come guerre, persecuzioni e cambiamenti climatici, nonchè gli obblighi normativi vigenti​.

Ma la palma della dichiarazione più illuminante va al nostro amato Claudio Borghi, che su X (ex Twitter) ha proclamato che il diritto italiano dovrebbe prevalere su quello europeo. Una perla di saggezza giuridica che ci fa comprendere a che punto siamo arrivati. Ignorare la gerarchia delle fonti giuridiche, sancita dalla nostra stessa Costituzione? Perché no! E perché mai dovremmo rispettare la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, se possiamo creare le nostre regole ad hoc, giusto per compiacere l’elettorato?

Maurizio Malan non è stato da meno, dichiarando che l’Italia, in quanto paese sovrano, dovrebbe avere il diritto di gestire i migranti come meglio crede, anche a costo di calpestare le norme europee. Una brillante idea, non c’è che dire, che suona come un grido di indipendenza giuridica. Peccato che sia più simile a un autogol legislativo.

E mentre tutto ciò accade, il rigore giuridico che una volta caratterizzava la nostra civiltà sembra dissolversi come neve al sole. Dov’è finita la ponderazione giusnaturalista? Dov’è la severità kantiana? Dov’è lo studio minuzioso delle fonti del diritto che ci insegnava che non si può saltare dalla Constitutio Antoniniana ai decreti legge con la stessa disinvoltura con cui si passa da un caffè a un amaro dopo pranzo? No, oggi ci troviamo di fronte a un governo che promulga norme scritte sulla sabbia, pronte a essere spazzate via alla prima sentenza della Corte di Giustizia Europea.

I nostri governanti, però, insistono. Proclamano con fierezza soluzioni legislative che non risolvono alcun problema, ma anzi ne creano di nuovi. Come si può ignorare la giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia Europea? Come si può pensare che l’Albania, un paese che non riesce a garantire standard adeguati di protezione ai migranti, possa essere un rifugio sicuro? La risposta è semplice: non si può.

In conclusione, ci troviamo di fronte a una deriva etica e giuridica senza precedenti. Un abisso in cui la competenza normativa e il rispetto per i diritti umani vengono sacrificati sull’altare della propaganda politica. Non c’è più spazio per la riflessione, per la giustizia, o per il diritto. Resta solo un’illusione di controllo, una maschera che nasconde il vuoto giuridico e morale di una classe dirigente che sembra aver dimenticato completamente le lezioni della storia e del diritto. E così, tra una risata amara e una scrollata di spalle, assistiamo all’erosione lenta e inesorabile della nostra civiltà giuridica.


Note:

Pirandello: è citato nel contesto del paragrafo perché è considerato uno dei maggiori drammaturghi italiani, famoso per aver esplorato tematiche come l’assurdità della condizione umana, l’identità e la frammentazione della realtà. Le sue opere, come Sei personaggi in cerca d’autore, rivelano un mondo in cui i confini tra verità e finzione sono labili, proprio come la confusione normativa e l’assurdità politica che vengono ironicamente descritte nell’articolo.

La pantomima tragicomica del diritto italiano contemporaneo, come viene esposta nell’articolo, richiama l’opera pirandelliana, dove il caos e l’apparente incoerenza sono protagonisti. Le leggi che dovrebbero essere chiare e coerenti diventano incomprensibili, proprio come nei drammi di Pirandello, dove la realtà si scompone e rivela la sua natura ambigua e instabile.

Costituzione Italiana: è stata citata nel testo per sottolineare la sua funzione come fonte suprema del diritto all’interno dell’ordinamento giuridico italiano. In particolare, il richiamo alla Costituzione serve a evidenziare come alcuni recenti interventi legislativi e dichiarazioni politiche sembrino ignorare o addirittura contraddire i principi costituzionali fondamentali, come la gerarchia delle fonti (art. 117), la tutela dei diritti fondamentali (Titolo I) e il rispetto degli obblighi internazionali.

Ad esempio, l’affermazione che il diritto italiano debba prevalere su quello europeo, fatta da Claudio Borghi, viola chiaramente il principio secondo cui le norme internazionali e comunitarie, quando ratificate e recepite, prevalgono su quelle interne. Questo principio è sancito proprio dall’art. 117 della Costituzione, che subordina la legislazione statale al rispetto dei vincoli derivanti dagli accordi internazionali e dalle leggi dell’Unione Europea.

La Costituzione Italiana svolge quindi un ruolo centrale nel garantire il rispetto dei diritti umani e l’adesione alle normative internazionali e comunitarie, contrariamente a quanto sostenuto da alcuni esponenti politici che, attraverso proposte di legge o dichiarazioni pubbliche, vorrebbero rimettere in discussione questi fondamentali principi giuridici.

Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: è stata citata per evidenziare come i diritti fondamentali dei cittadini e dei residenti dell’UE, tra cui la libertà di espressione, la protezione dei dati personali e il diritto a un processo equo, vengano spesso ignorati o distorti nell’attuazione di misure come il PiracyShield e nelle proposte di legge italiane più recenti, come quella sulla GPA (Gestazione per Altri).

La Carta, adottata ufficialmente nel 2000 e resa giuridicamente vincolante con il Trattato di Lisbona nel 2009, garantisce un quadro di protezione dei diritti umani all’interno dell’UE. La sua importanza è cruciale perché funge da bussola etica e giuridica per gli Stati membri, obbligandoli a rispettare principi essenziali come la dignità umana, le libertà individuali, l’uguaglianza e i diritti dei cittadini di partecipare a un processo giusto e proporzionato. Le misure citate nell’articolo, come il PiracyShield, sfidano proprio questi principi, violando spesso la protezione dei dati personali e la libertà di espressione, mentre l’approccio all’immigrazione e alla GPA rischia di ledere i diritti di privacy e autodeterminazione garantiti dalla Carta.

Hans Kelsen: citato nel contesto dell’articolo, è stato un influente giurista austriaco del XX secolo, noto soprattutto per la sua Teoria pura del diritto (Reine Rechtslehre). Kelsen ha elaborato una teoria del diritto che si concentra sulla struttura normativa del sistema giuridico, separando rigorosamente il diritto dalla morale e dalla politica. È famoso per aver sviluppato il concetto di gerarchia delle fonti del diritto, dove le norme giuridiche sono ordinate secondo una scala gerarchica, con la costituzione come norma suprema e le altre norme che devono essere conformi a essa. Questo sistema a piramide garantisce coerenza interna e un’applicazione corretta delle leggi.

Nel contesto dell’articolo, Kelsen viene citato per mettere in evidenza come in Italia la sua concezione di un sistema giuridico ordinato sia ormai abbandonata. La pratica legislativa italiana contemporanea viene descritta come confusa e priva di quella coerenza sistematica che Kelsen aveva teorizzato, dove regolamenti amministrativi calpestano impunemente i principi costituzionali, e la gerarchia delle fonti è spesso ignorata per convenienza politica.

Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE): è stata citata nel contesto del trasferimento dei migranti in Albania perché le sue sentenze stabiliscono dei limiti fondamentali riguardo ai diritti dei migranti e al principio di non-refoulement, sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra. Questo principio vieta il trasferimento di persone in paesi che non garantiscono protezione contro il rischio di trattamenti inumani o degradanti. La CGUE ha chiarito che gli Stati membri non possono trasferire migranti verso paesi terzi che non rispettano gli standard minimi di protezione dei diritti umani.

La Corte svolge quindi un ruolo chiave nella tutela dei diritti fondamentali dei migranti all’interno dell’Unione Europea, e le sue sentenze vincolano gli Stati membri a rispettare le normative europee in materia di asilo e protezione internazionale.

non bis in idem: Il principio del non bis in idem è un pilastro fondamentale del diritto penale internazionale, che stabilisce che una persona non può essere processata o punita due volte per lo stesso reato, in modo da garantire la certezza del diritto e proteggere i diritti individuali. In altre parole, se qualcuno è stato assolto o condannato per un determinato atto, non può essere giudicato nuovamente per lo stesso fatto.

Nel contesto dell’articolo, è citato in riferimento alla proposta di trattare la Gestazione per Altri (GPA) come reato universale. L’inclusione del GPA come crimine universale e la proposta di far denunciare i medici eventuali casi sospetti di GPA non solo viola l’etica medica, ma pone anche il rischio di riaprire casi che potrebbero essere già stati affrontati o trattati in altre giurisdizioni. L’applicazione di una normativa così universale senza rispettare le differenze tra i sistemi giuridici di vari paesi potrebbe, quindi, violare il principio del non bis in idem, poiché una persona potrebbe essere sottoposta a più procedimenti per lo stesso atto, a seconda della giurisdizione coinvolta.

non-refoulement: Il principio di non-refoulement è un pilastro fondamentale del diritto internazionale dei rifugiati e dei diritti umani. Sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, stabilisce che nessuno può essere rimandato, espulso o trasferito in un paese dove rischia di essere perseguitato o di subire trattamenti inumani o degradanti, come tortura o altre violazioni dei diritti fondamentali. Questo principio è alla base della protezione dei richiedenti asilo e dei migranti, garantendo che non siano deportati in luoghi dove la loro vita o libertà siano minacciate.

Nel contesto dell’articolo, il non-refoulement è stato citato per evidenziare la non sicurezza dei paesi di rimpatrio dei migranti. Le normative europee e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea richiedono che i migranti non vengano trasferiti in stati che non offrono adeguate tutele dei diritti umani, e questo principio diventa particolarmente rilevante in ogni decisione legata all’espulsione o al trasferimento verso paesi terzi.

Eugenia Roccella è stata citata nel contesto dell’articolo perché, in qualità di Ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, ha proposto un provvedimento controverso che ha trasformato la Gestazione per Altri (GPA) in un reato universale. Ciò che ha destato particolare scalpore è stata la sua proposta di coinvolgere i medici, invitandoli a denunciare eventuali casi sospetti di GPA, trasformandoli così in una sorta di “delatori” etici. Questo intervento ha sollevato critiche su vari fronti, poiché comprometterebbe il rapporto di fiducia medico-paziente e potrebbe creare una dinamica di sorveglianza generalizzata che minaccia diritti fondamentali come la privacy e la scelta individuale.

La sua posizione rappresenta un esempio di come la recente politica normativa italiana stia assumendo contorni etici rigidi, ignorando o marginalizzando gli aspetti giuridici e umanitari legati alla regolamentazione della maternità surrogata.

Carlo Nordio: ministro della Giustizia, è stato citato nel contesto del trasferimento dei migranti in Albania a causa delle sue dichiarazioni critiche verso la magistratura e le decisioni dei tribunali. In particolare, Nordio ha definito “abnorme” la sentenza del tribunale di Roma che ha annullato il trasferimento dei migranti in Albania, sostenendo che la magistratura avrebbe esondato dai propri poteri. Questa dichiarazione ha scatenato polemiche, soprattutto perché la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha già stabilito che i migranti non possono essere trasferiti in paesi che non garantiscono standard adeguati di sicurezza e protezione dei diritti umani. Nordio ha promesso di intervenire con provvedimenti legislativi per correggere la situazione, esprimendo il suo disappunto verso la magistratura, il che ha sollevato critiche da parte di chi ritiene che queste affermazioni mettano in pericolo la separazione dei poteri e il rispetto del diritto internazionale

Matteo Piantedosi, Ministro dell’Interno, è stato citato nel contesto del trasferimento dei migranti in Albania per le sue dichiarazioni in merito alla questione migratoria. Piantedosi ha difeso il piano del governo per trasferire migranti in Albania come una “soluzione” miracolosa per risolvere i problemi legati all’immigrazione in Italia. Tuttavia, il tribunale romano ha successivamente annullato i primi trasferimenti, poiché non rispettava le normative europee, in particolare le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che vietano i trasferimenti verso paesi che non garantiscono adeguate condizioni di sicurezza e diritti umani.

Claudio Borghi: è stato citato in questo contesto per le sue dichiarazioni riguardanti la prevalenza del diritto italiano su quello europeo. Borghi, deputato della Lega, ha espresso più volte la sua posizione secondo cui l’Italia non dovrebbe sottostare alla gerarchia delle fonti del diritto, in particolare quando le normative europee entrano in conflitto con quelle nazionali. La sua proposta di far prevalere il diritto italiano su quello comunitario riflette un atteggiamento populista e euroscettico, che ignora gli obblighi costituzionali e internazionali assunti dall’Italia. Questa sua visione è particolarmente problematica in un sistema multilivello come quello dell’Unione Europea, dove il rispetto delle normative sovranazionali è un pilastro fondamentale.

Maurizio Malan; capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, è stato citato nell’articolo per le sue recenti dichiarazioni in merito alla gestione della sovranità italiana riguardo i migranti. Malan ha sostenuto che l’Italia, come Stato sovrano, dovrebbe avere il diritto di decidere autonomamente sulla questione migratoria, anche a costo di violare le norme europee. Questa posizione è particolarmente rilevante nel contesto del dibattito sulla gerarchia delle fonti e sull’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, poiché riflette una visione fortemente nazionalista che mette in discussione il ruolo della giurisprudenza comunitaria e il rispetto degli obblighi internazionali. Le sue dichiarazioni sono emblematiche di una linea di pensiero diffusa in certi ambienti politici che privilegia la sovranità nazionale a scapito dell’integrazione europea, portando con sé numerose implicazioni giuridiche e diplomatiche.

Ponderazione giusnaturalista: La citazione della “ponderazione giusnaturalista” nell’articolo si riferisce a un richiamo ironico a una visione del diritto fondata su principi morali e naturali immutabili, tipica del giusnaturalismo, un orientamento che afferma l’esistenza di leggi naturali universali alla base delle norme giuridiche positive. Questa filosofia, che ha avuto grandi interpreti come Aristotele e Tommaso d’Aquino, contrasta drasticamente con la deriva normativa moderna, dove decisioni affrettate e normative superficiali sembrano governare il panorama giuridico. Citare la “ponderazione giusnaturalista” è un modo sarcastico per sottolineare l’assenza di quella riflessione profonda e ponderata che un tempo guidava le decisioni legislative, oggi sostituita da leggi dettate dall’urgenza politica e dal populismo, come il caso del PiracyShield o della GPA come reato universale.

severità kantiana: La severità kantiana viene citata per richiamare uno dei fondamenti del pensiero morale e giuridico di Immanuel Kant. Kant sosteneva che la legge morale e il diritto dovessero essere fondati su principi universali e rigorosi, senza eccezioni o compromessi. La sua etica deontologica si basava sul concetto di imperativo categorico, un principio morale che impone di agire sempre in modo tale che la propria azione possa diventare una legge universale. Nella sua visione, le leggi e i principi giuridici dovevano essere applicati in modo coerente e inflessibile, indipendentemente dalle circostanze particolari, per garantire giustizia e uguaglianza.

Nel contesto dell’articolo, la severità kantiana è evocata ironicamente per mettere in luce il contrasto tra l’ideale filosofico di rigore morale e il caos legislativo italiano, in cui norme e leggi sembrano essere adattate arbitrariamente o ignorate secondo convenienza politica. In questo modo, si critica l’assenza di coerenza e rigore nel sistema normativo contemporaneo, in aperto contrasto con l’idea kantiana di un sistema morale e giuridico fondato su principi rigorosi e universalmente applicabili.

Constitutio Antoniniana: è un importante decreto emanato dall’imperatore romano Caracalla nel 212 d.C., che estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti liberi dell’Impero, escludendo solo i dediticii (coloro che avevano opposto resistenza a Roma). Citare la Constitutio Antoniniana in un contesto moderno, soprattutto in un tono ironico come nel testo, serve a sottolineare la disinvoltura con cui oggi si tratta la gerarchia delle fonti e l’importanza delle leggi. L’idea è che non si possa saltare da un principio antico e fondamentale come la cittadinanza universale dell’Impero Romano a una normativa attuale con la stessa superficialità con cui si redigono oggi decreti legge, quasi fossero azioni burocratiche di routine, ignorando la loro portata storica e giuridica. La Constitutio simboleggia un passaggio epocale del diritto, e citarla serve a criticare l’apparente trascuratezza verso i principi fondanti delle normative odierne.

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