l’app IO, le patenti e il grande fardello 😂

Antonio Ieranò

Security, Data Protection, Privacy. Comments are on my own unique responsibility 🙂

December 7, 2024

l’app IO, le patenti e il grande fardello 😂

Venerdì ho deciso di dedicare la serata ad amici veri, un piacere raro, ma che inevitabilmente ha avuto una conseguenza: il mio #fridayrant è stato sacrificato sull’altare della socialità.

E così, oggi sabato, il rant del venerdì trova nuova vita.

La polemica che mi ha catturato questa settimana ruota intorno alla possibilità di caricare documenti come la carta d’identità o la patente sull’app governativa IO. Tra le molte obiezioni sollevate, una in particolare mi ha strappato un sorriso: quella di chi, immaginandosi un genio strategico, rifiuta di installare l’app perché “non vuole essere monitorato dal governo”.

Che delizia la compagnia di amici veri, un antidoto insostituibile al delirio digitale del venerdì. Però vedo che il #fridayrant non può essere lasciato orfano, e quindi eccoci qui, sabato a fare da supplente indignato.

La polemica sull’app IO è come un classico film di Natale: tutti sanno dove andrà a parare, eppure c’è sempre un colpo di scena che ti strappa un sorriso.

La mia standing ovation va ai maestri del complotto, quelli che si oppongono all’app IO perché

“non vogliono essere monitorati dal governo”.

Giustissimo, signori! Dopo tutto, molto meglio affidare i vostri dati personali a X, Facebook, TikTok, e Google, che come noto sono gestiti da monaci zen impegnati solo nella contemplazione del vostro benessere.

Mi immagino la loro routine: GPS sempre attivo, microfono abilitato, accettano cookie con la stessa disinvoltura con cui si accettano caramelle a Halloween, e poi BAM! Scoprono l’app IO e gridano al grande fratello.

Ironico, no?

Come se per magia, il governo italiano – sì, quello che non riesce a spedire in tempo una multa per divieto di sosta – fosse un maestro della sorveglianza orwelliana.

E se anche fosse, quale tassello coprirebbe il caricare su una app dati che sono già in possesso dell’emettitore e che anzi, sono la base della validazione del pezzettino di plastica che certifica la tua abilitazione alla guida?

Il bello del complottismo senza limitismo è proprio nella assenza della comprensione basica di come funzionano le cose. Dunning Kruger e Brandolini gongolano.

Eppure i recenti “dossieraggi” dovrebbero averci ben mostrato come il problema di gestione della sicurezza informatica, nel nostro paese, si ben altro 😂 anche se dare la colpa agli acari (o achei) è sempre un hype di successo.

Come funziona l’app IO e il caricamento dei documenti

l’app IO, questa creatura mitologica! Funziona – e uso il termine con una generosità che farebbe arrossire un Nobel per la pace – come un portale magico in cui il cittadino può interagire con lo Stato. In teoria. Nella pratica, è un po’ come cercare di parlare con un vecchio fax guasto: emette suoni, ma capirsi è un’altra faccenda.

La sua funzione principale è raccogliere tutti quei servizi pubblici che di solito ci mandano in pellegrinaggio tra uffici comunali, code interminabili e moduli scritti in geroglifico burocratese. Vuoi pagare una multa?

Ecco fatto.

Vuoi vedere il bonus vacanze?

Lì, tra gli “avvisi importanti”.

Vuoi sapere che il tuo comune ti ha spedito una comunicazione?

Beh, ci arriverai dopo 14 notifiche in cui l’app ti ricorda amorevolmente che non hai abilitato l’accesso con riconoscimento facciale.

Ora, la grande innovazione che ha scatenato la polemica è la possibilità di caricare documenti come la carta d’identità e la patente.

L’idea – e qui mi immagino il brainstorming con tanto di PowerPoint e caffè istituzionale – è che avere tutto a portata di app semplifichi la vita.

In teoria, infatti, non dovresti più girare con il portafoglio gonfio di tessere plasticose. Basta IO. In pratica? Beh, stai pur certo che, nel momento del bisogno, il sistema potrebbe dirti che “al momento non è disponibile”. Una sorta di roulette russa digitale. Oppure magari cerchi diusarla, che soin posta, e ti viene detto che non esiste ancora la ciircolare che spieghi come e perchè accettare questa strana roba con un qrcode.

Si insomma la solita genialata, la digitalizzazione de no artri.

Eppure, ammettiamolo, l’app non è il male assoluto.

Certo, ha i suoi glitch – come quel cugino sempre in ritardo alle cene di famiglia – ma fa il suo lavoro, tra un crash e l’altro.

Però, il vero genio è la gestione delle notifiche. Mentre l’utente complottista si preoccupa di essere spiato, IO gli manda messaggi tipo: “Avviso urgente: pagamento IMU in scadenza!”. Immagino la scena: il nostro eroe legge e pensa, “Ah-ha, mi stanno monitorando!”, mentre si scervella su come non pagare la tassa.

Insomma, cari scettici dell’app IO, sappiate che il sistema non vi sta spiando. Al massimo vi sta ignorando. Quindi, rilassatevi, caricate la vostra patente, e vivete con la consapevolezza che se qualcuno spiasse davvero i vostri spostamenti, probabilmente finirebbe per annoiarsi.

Analizziamo quindi il meccanismo di registrazione dei documenti sulla gloriosa app IO: una procedura tanto semplice quanto capace di seminare il panico tra i fan dei cappelli di stagnola.

Procediamo per gradi, con il giusto tono ironico ma informativo, ché non si dica che non siamo anche pedagogici.

Come funziona la registrazione dei documenti?

Semplice: apri l’app IO, vai nella sezione dedicata ai documenti (con un’icona tanto rassicurante quanto poco intuitiva), e selezioni cosa vuoi caricare, per esempio la patente.

Da lì, il sistema ti chiede di autorizzare il recupero delle informazioni… dai database governativi.

Sì, quelli dove la tua patente esiste già perché, indovina un po’? L’ha emessa lo Stato.

Non serve scansionare nulla, non serve caricare foto pixelate fatte male.

L’app pesca i dati direttamente da fonti ufficiali, come l’archivio del Ministero dei Trasporti o dell’Anagrafe.

Insomma, l’app non sta raccogliendo nuove informazioni: si limita a rendere disponibili, in un formato più comodo, dati che il governo possiede da quando hai fatto l’esame di guida (o hai richiesto la carta d’identità).

Cosa significa per il “monitoraggio”?

Ed eccoci alla parte divertente: molti si oppongono gridando al “controllo totalitario” del governo, ma… sorpresa! Tutte le informazioni che l’app mostra sono già saldamente custodite nei database statali. La tua patente, la tua carta d’identità, e persino quella volta che hai preso una multa per divieto di sosta in zona a traffico limitato: tutto ciò è già registrato. Il governo non ha bisogno dell’app IO per accedere a questi dati, perché sono stati generati da lui. È come dire che il padrone di casa non dovrebbe sapere che il tuo nome è sul contratto d’affitto: ehm, lo sa perché l’ha scritto lui.

Quindi, l’idea che caricare un documento sull’app “dia al governo accesso” a informazioni nuove è, perdonate il tecnicismo, una sciocchezza colossale.

Se proprio vogliamo fare obiezioni, magari discutiamo di sicurezza informatica o di eventuali rischi di accesso non autorizzato ai dati personali tramite il dispositivo dell’utente. Ma sostenere che l’app aumenti il monitoraggio governativo è come lamentarsi che le Poste sappiano il tuo indirizzo solo perché ti consegnano la posta.

Su questo punto mi aspetto veementi proteste e teorie complottistiche inoppugnabili. non solo sanno dove siamo ma ci consegnano persno le multe o le tasse. Maledetti.

Dove trovare le istruzioni ufficiali?

Per chi volesse approfondire senza perdersi nei labirinti delle ipotesi complottiste, le istruzioni ufficiali sono disponibili direttamente sul sito ufficiale di IO nella sezione dedicata ai documenti. Lì trovate tutto: come caricare i vostri dati, come gestirli, e come eventualmente cancellarli dall’app (spoiler: il governo continuerà a saperli anche se li cancellate dall’app).

In sintesi

Mettere la patente o la carta d’identità sull’app IO non cambia nulla per quanto riguarda il controllo da parte del governo. È solo un modo per evitare di portarsi dietro una valanga di documenti cartacei o di plastica.

Le informazioni non sono nuove, non sono segrete, e non sono generate dall’app. Sono semplicemente mostrate lì, per vostra comodità.

E se questo vi fa sentire spiati… beh, forse dovreste chiedervi cosa sapranno di voi Instagram e TikTok quando vi fotografate il caffè al bar.

L’autenticazione dei documenti fisici: la realtà poco compresa

Un problema di fondo, mi sovviene, è che non si capisca una base elementare.

  • Cosa succede quando mostrola mia patente ad un agente di polizia?
  • Cosa succede quando mostro il mio passaporto alla frontiera?

Spesso si pensa che un documento fisico, come una carta d’identità o una patente, sia la prova della propria identità. In realtà, non è così. La validità di un documento è sempre legata alla coerenza tra i dati stampati su di esso e quelli archiviati nei database governativi. Ogni volta che utilizzi un documento – sia esso cartaceo o digitale – il sistema effettua un controllo incrociato con il database dell’autorità che lo ha emesso.

il sistema di autenticazione dei documenti cartacei o tramite tessera: nonstante sia un meccanismo che molti immaginano come un’arcana magia burocratica, è in realtà è più simile a una routine ben collaudata (salvo imprevisti, ovviamente, perché siamo pur sempre in Italia).

Procediamo con una spiegazione chiara quanto basta,.

La ironia sottesa è che molti non sanno cose cosi elementari e quinditi trovi a doverle spiegare

Il meccanismo di autenticazione passo per passo

Emissione del documento:

  • Quando richiedi un documento (carta d’identità, passaporto, ecc.), le tue informazioni personali vengono raccolte, verificate e memorizzate nei database dell’autorità emittente (es. il Ministero dell’Interno, il Comune, il Ministero dei Trasporti, ecc.).
  • I dati stampati sul documento (nome, foto, numero identificativo) sono una replica di quelli archiviati nel database.

Uso del documento:

  • Quando utilizzi il documento – ad esempio per identificarti o accedere a un servizio – chi lo controlla non si limita a guardare la carta o la tessera.
  • Viene effettuato un confronto tra i dati riportati sul documento e quelli memorizzati nei database governativi.

La verifica (interrogazione del database):

  • La verifica della validità del documento avviene attraverso un accesso al database dell’autorità emittente.
  • Questo può avvenire in modo esplicito (scansionando un codice, come il QR code della carta d’identità elettronica) o implicito (controllando i dati associati al tuo codice fiscale, numero di patente, o altre informazioni).

Validazione finale:

  • Se i dati presenti nel database corrispondono a quelli del documento, questo è considerato valido.
  • Se invece c’è discrepanza (ad esempio, il documento è scaduto o è stato segnalato come smarrito/rubato), il documento risulta non valido, indipendentemente dalla sua forma fisica.

se tale contorta procedura non fosse implementata ci potrebbero essere problemi legati, ad esempio, alla contraffazione dei documenti di cui si stà parlando. E se nonstante questo ad oggi tali contraffazioni esistono immaginatevi senza. un mondo bellissimo ove noi ci stampiamo i nostri documenti di nostra sponte.

Sciocco? Beh ci sno anch quelli che lo hanno fatto 😂

Esempi di applicazione del meccanismo

  • Passaporti: Quando passi il controllo in aeroporto, il passaporto viene scansionato, e i dati contenuti nel chip o nella banda ottica sono confrontati con i database dell’autorità che lo ha emesso. Tradotto quando ti presenti alla dogana statunitense con il tuo bel passaporto, il biglietto diritorno ed il tuo ESTA i ragazzi al controllano che tutto sia in ordine. verificano il passaporto per contraffazioni o visti sospetti, controllano nel database del paese che ha emesso ildocumento se tale passaporto è valido e reale, verificano che i dati immessi nell’ESTA siano coerenti anche con la tua stori di ingressi negli stati uniti e cose così…
  • Carta d’identità elettronica: Il QR code o il chip sulla tessera contiene un collegamento ai dati nel database dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).
  • Patente: Quando la mostri per identificarti, chi la verifica può interrogare i database della Motorizzazione Civile per confermare la sua validità.

Insomma, la tessera o il documento fisico non “prova” nulla da solo. È solo uno strumento per accedere ai dati veri, quelli archiviati nei database governativi. Ogni controllo è, in realtà, un “ping” al sistema centrale.

Perciò, ogni volta che usi un documento cartaceo pensando di evitare il monitoraggio digitale… stai comunque attivando il processo di verifica basato sugli stessi dati. È come credere che scrivere un’e-mail a mano su carta ti tenga al sicuro da Internet: il messaggio finisce comunque nel sistema.

Morale della favola? Che tu usi una tessera, un foglio di carta, o l’app IO, il governo non sta “scoprendo” nulla di nuovo. Sta semplicemente verificando ciò che già sa… perché, sorpresa, è lui che ha generato quei dati!

Ma allora IO è perfetta?

Ma certo che no, del resto di perfetto ci sono solo io che sono la unica AI registrata all’anagrafe. Ci sono obiezioni sensate all’uso della app che vanno valutate correttamente. ma sensato è quanto più distante ci sia ai cappellini di stagnola che alcuni usano. 😂

Obiezioni sensate sull’app IO

Se vogliamo essere critici verso l’app IO, facciamolo con intelligenza, puntando su questioni reali, non su fantasie complottiste.

  1. Sicurezza della piattaforma I dati mostrati dall’app IO provengono da database già esistenti, ma la sicurezza di tutta la filiera (frontend, backend, infrastrutture) è cruciale. Se un attacco informatico compromettesse l’app o i suoi servizi di supporto, milioni di cittadini potrebbero vedere i loro dati esposti. Questo rischio è amplificato dalla scarsa storia di affidabilità dei servizi digitali pubblici italiani.
  2. Fiducia nei servizi digitali pubblici Episodi come il collasso della piattaforma INPS durante il primo lockdown, o attacchi ransomware contro enti pubblici, hanno minato la fiducia dei cittadini. Non è facile convincere le persone a caricare dati personali su una nuova piattaforma quando il passato non ispira sicurezza.
  3. Rischio di accesso da parte di terzi Il vero pericolo non è che il governo “spii” i cittadini (sta già archiviando questi dati da anni). Il problema è che, in caso di falle di sicurezza, criminali informatici potrebbero sfruttare l’app per accedere a informazioni sensibili.
  4. Analfabetismo digitale In Italia, il 42% della popolazione non possiede competenze digitali di base (fonte: Eurostat). Questo significa che quasi metà degli italiani non sa distinguere un’app sicura da una truffa. Se un cittadino medio non è in grado di proteggere i propri dati digitali, il rischio aumenta esponenzialmente.
  5. Paradosso dei detrattori tecnologici Molti di coloro che criticano l’app IO usano quotidianamente Facebook, TikTok e altre piattaforme che raccolgono dati in modo ben più invasivo. Lamentarsi della privacy mentre si accettano i termini di servizio di Big Tech senza leggerli è un paradosso che evidenzia una comprensione limitata del tema.

Conclusione: il vero problema non è il governo, ma l’incompetenza diffusa

Il problema non è che il governo italiano voglia controllare ogni nostro spostamento. Piuttosto, è l’incompetenza digitale – sia dei cittadini che di chi implementa queste piattaforme – a costituire un rischio. Continuare a puntare il dito verso un monitoraggio inesistente distrae dai veri problemi: sicurezza delle infrastrutture, educazione digitale e gestione competente dei dati personali.

In un paese dove “password123” è ancora usata come credenziale per accedere a piattaforme governative, forse il nostro primo passo dovrebbe essere meno paranoia e più alfabetizzazione digitale. Perché il futuro è digitale, volenti o nolenti, ed essere impreparati significa restare indietro.

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