Il Natale di Camelot: L’Insidia del Tradimento e la Caduta dei Bastioni

Il Natale di Camelot: L’Insidia del Tradimento e la Caduta dei Bastioni

Antonio Ieranò, #OPEN_TO_WORK

Antonio Ieranò

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December 17, 2024

Era la notte del solstizio d’inverno, quella in cui le genti di Camelot celebravano l’aurora del nuovo sole, speranzosi nel ciclo che tutto rinnova. Eppure, già allora, già in quel momento, il male si celava sotto il bianco manto di neve, coperto dalla quiete apparente e da un canto di buoni propositi. A quella tavola rotonda, rifugio di onore e specchio di uguaglianza tra pari, una minaccia serpeggiava come serpe tra le erbe, invisibile agli occhi ma palpabile ai cuori attenti.

Re Artù sedeva nella sua maestosa sala, con Ginevra al suo fianco, il volto sereno nonostante il gelo oltre le mura. Dinanzi a lui, i cavalieri più valorosi: Sir Lancillotto, fiero e impavido; Percivald, giovane e puro di cuore; e Merlino, il saggio mago, dalla lunga barba argentata, gli occhi perennemente vigili. E mentre le torce illuminavano le pareti in pietra, un silenzio grave scese tra i presenti.

Merlino fu il primo a parlare, la sua voce profonda come l’abisso.

“O Re, o cavalieri d’illustre fama, sappiate che il nemico oggi non calca i nostri bastioni con armature nere e vessilli insanguinati. Non s’ode il clangore delle spade né il fragor delle catapulte. Eppure, è già dentro le vostre mura. Là dove siede la fiducia, il tradimento affila il proprio coltello.”

Artù sollevò il capo, i suoi occhi come fuoco incorniciati dal peso della corona d’oro.

“Parla chiaramente, Merlino. Quale è codesta minaccia che osi insinuarsi a Camelot?”

Il mago sospirò, le mani intrecciate al bastone, e cominciò il racconto che parve un monito:

La Minaccia Invisibile

“V’era un tempo, mio signore, in cui le mura di Camelot erano bianche e indomite, simbolo della tua gloria e della giustizia che hai giurato di proteggere. Ma ogni bastione, anche il più alto, cade sotto il peso dell’insidia quando il nemico non è fuori, bensì dentro. Così, come un astuto giullare che veste abiti amici, l’insider threat si muove tra voi.”

Merlino si fermò un istante e guardò i cavalieri seduti alla tavola rotonda.

“Sapete voi chi siete, o cavalieri? Siete il Board di questa rocca, i primi responsabili della sicurezza di Camelot. Così come i signori di un’azienda sono responsabili delle loro mura digitali, voi siete chiamati a vigilare. Ma quanti di voi, presi dalla festa o dalla routine, non ascoltano chi avverte del pericolo?”

Artù strinse la spada con forza. “Vuoi dire che il nemico può annidarsi perché noi stessi, ciechi nella nostra fiducia, lo lasciamo entrare?”

“Proprio così, mio signore,” disse Merlino, che in quel momento sembrava non solo mago, ma anche guida e custode. “Io vi parlo da tempo, come chi oggi chiamano CISO, colui che conosce le minacce eppur non viene ascoltato finché l’irreparabile non accade. La vostra negligenza può costare il regno, così come un Board che non comprende la gravità delle minacce digitali.”

Ginevra sussurrò: “Ma chi ascolterà, allora, se non il Re e i cavalieri più saggi? Non siamo forse noi i custodi?”

Merlino annuì gravemente. “Siete voi, madonna. Ma ricordate: un Re o un Board che ignora le parole di chi vigila, tradisce se stesso. Le chiavi delle porte, i sistemi e le informazioni, essi dipendono dalla prudenza e dalla consapevolezza di chi governa. Persino un’ancella che non comprende il peso di un codice può aprire il varco all’assalto.”

L’Attacco di Meleagant

Come a suggellare le parole di Merlino, giunse un grido dalla torre più alta. Un messo si precipitò nella sala, i piedi sferzati dal freddo:

“Mio Re! Le difese sono crollate, un varco è stato aperto! Meleagant ha scatenato l’assalto. Conosce i nostri segreti, i sentieri nascosti, e gli arcieri colpiscono già dalle ombre!”

Le torce tremolarono come prese da vento invisibile, e da fuori giunsero urla e clangori di spade. Dalle finestre si videro le prime saette incendiate solcare il cielo, come stelle maledette, per poi ricadere tra i tetti innevati. Frecce fischiavano nel buio, e ovunque si levavano grida d’allarme.

“Il nemico! Alle armi!” gridarono gli scudieri, mentre i cavalieri della Tavola Rotonda correvano all’esterno.

Lancillotto, già armato, si gettò nella mischia, la spada che scintillava d’acciaio e ira. Ma lì, tra le ombre, il nemico era ovunque e in nessun luogo. Meleagant, astuto, aveva mandato spie travestite da servitori, che aprirono cunicoli segreti e sollevarono le sbarre delle porte.

“Tradimento!” urlò Percivald, fendendo con la lancia un gruppo di invasori. “Come potevano conoscere i nostri sentieri segreti?”

“Qualcuno li ha svelati! Ma chi?” rispose Merlino, con voce ferma, mentre lanciava incanti a fermare le fiamme che consumavano i tetti.

Le mura tremarono sotto l’assalto, catapulte lontane riversavano pietre e fuoco. I cavalieri combattevano con valore, ma l’infiltrazione aveva spezzato la resistenza. Un messo giunse trafelato ad Artù, il volto pallido di terrore.

“Mio Re! L’ingresso sud è perduto! Gli invasori si sono insinuati come spettri nei sotterranei.”

Artù, finalmente, comprese l’errore: avevano ignorato l’allerta, e il nemico, silenzioso e astuto, si era già annidato entro i bastioni.

“Merlino aveva parlato. E noi non lo abbiamo ascoltato.”

La Morale di Camelot

Quando l’alba spuntò, Artù convocò i cavalieri, parlando con voce grave:

“Oggi comprendiamo che la responsabilità delle difese ricade su noi, signori della Tavola Rotonda. Non possiamo ignorare chi, come Merlino, ci avverte del pericolo. Così come un Board è il custode della sicurezza di una compagnia, noi siamo i custodi di Camelot. Vigileremo non per sospetto, ma per responsabilità.”

E così, a futura memoria, questa storia resta un monito: il Board è la prima roccaforte della sicurezza. Ascoltate i vostri CISO, o maghi saggi che siano, poiché anche la più nobile Camelot può cadere quando l’insidia si nasconde dietro la fiducia mal riposta.

E se volete ascoltare le campane di Natale, o voi custodi, fatelo pure… ma con l’armatura sempre allacciata.

Fine.

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